Il mio nome non è Alzheimer. My name's not Alzheimer.
Da sempre l’arte interpreta e racconta la malattia, e la fotografia è uno strumento sorprendente e completo nel suo racconto.
Il morbo di Alzheimer è stato spesso raccontato fotograficamente negli ultimi anni testimoniando la gravità di tale patologia ed affermando quanto sia crudele nel suo progredire incidendo drasticamente sulla personalità, suoi ricordi e sulle relazioni affettive del malato.
Il morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza (rappresenta il 50-80% dei casi) ed è una fatale malattia del cervello che provoca un lento declino delle capacità mnemoniche, di ragionamento e di pensiero.
Sebbene la demenza colpisca prevalentemente le persone anziane, vi è una crescente tendenza di casi che iniziano prima dei 65 anni (tra i 40 e 50 anni).
In Italia, più di un milione di persone soffrono di demenza, nel mondo più di 44 milioni, circostanza che rende questa malattia “l’epidemia silente del terzo millennio” secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
L’intenzione non è quella di evidenziare come l’Alzheimer spazzi via i ricordi e tutto ciò che ci rende individui, fotografando una esistenza spoglia di identità dove ciò che resta è la sofferenza e lo smarrimento, ma compiere un lavoro concettualmente opposto.
Ciò che muove questo progetto è la volontà di trasmettere l’intensità di una vita intera andando oltre agli sguardi persi e confusi, oltre l’Alzheimer, oltre allo svuotamento di memoria perché l’identità del malato non viene perduta e sostituita dalla malattia.
Gli ospiti del Centro Diurno per Alzheimer e Demenze “Villa Elisa” di Foggia hanno permesso al fotografo di compiere un viaggio intenso e toccante nella loro vita ancora vibrante di emozioni e di partecipazione, nonostante la malattia. Attraverso il dialogo intercorso durante gli scatti ed il mostrar loro alcuni oggetti cari, si è elicitata la loro memoria biografica che ha prodotto una presa si coscienza di sé.
Riconoscersi in una foto, ricordare un momento importante della propria vita, raccontare del proprio lavoro, emozionarsi al ricordo della nascita dei propri figli, tutti momenti di coscienza della propria storia ed identità.
In ogni foto si è catturato il momento di consapevolezza di sé, sottolineando il diritto dei malati di esser riconosciuti per la persona che si è stati e che si è ancora anche se, a volte, solo in alcuni momenti.
Le espressioni del loro volto come scintille di coscienza di sè e presenza, identità affioranti che bisogna cercare in una attesa fatta di stimolazioni biografiche e sereno incanto.
Una metafora dell’esserci ancora. Pienamente. A colori. Nonostante tutto il nero della malattia che incombe.
“La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda. La memoria è un presente che non finisce mai di passare.”
(Octavio Paz)
Testo di Federica Cerami (Lettore della Fotografia, FIAF)
Lavoro Vincitore del 9° “Portfolio dello Strega, 2018, FIAF”
Lavoro Finalista della manifestazione “Portfolio Italia – Gran Premio Lumix G – Panasonic, 2018, FIAF” ed esposto presso il Centro Italiano della Fotografia D’Autore a Bibbiena (AR).
Lavoro Vincitore del “Budapest International Foto Awards, 2019 – Sezione Portrait”.